Lettera ai Sindaci dal Comitato Liberi Pensieri

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Appello affinché nella programmazione della Fase 2 non vengano dimenticati i bambini...


LA LETTERA


INTERVISTA AL PROF. FARNÈ DEL 22 APRILE 2020

INTERVISTATORE: dal punto di vista pedagogico, quali sono le conseguenze di un allontanamento improvviso e prolungato dei bambini dal loro gruppo di amici e gruppo scolastico?

PROF. FARNÈ: le conseguenze sono varie… ci siamo scambiati delle opinioni su questo, io e una collega, pedagogista, educatrice di nido a Bologna. E’ in contatto con molti genitori che manifestano disagio nei bambini e mi ha detto che, da quello che sente dai genitori, abbiamo: tic nervosi, sonno disturbato, incubi, pipì a letto, balbuzie, scatti d’ira improvvisi, crisi di pianto improvvise, malinconia, tristezza, chiusura… Ovviamente questo non significa che tutti i bambini abbiano queste sofferenze, si tratta di indicatori che ci dicono: “attenzione, ci sono genitori che evidenziano dei sintomi che prima i bambini non avevano e che destano preoccupazione”. 

Per i bambini l’attività all’aperto, la socialità, il gioco, l’interazione rispondono a dei bisogni che sono molto più profondi di quanto non lo siano negli adulti, perché riguardano direttamente la loro crescita; sottovalutare questo aspetto e sottovalutare i rischi che questa situazione di chiusura forzata provoca sull’infanzia credo sia grave.

Le soluzioni bisogna trovarle.

INTERVISTATORE: dal punto di vista educativo, invece, cosa comporta l’istruzione a distanza attraverso dispositivi elettronici?

PROF. FARNÈ: l’istruzione a distanza attraverso i dispositivi elettronici è una grande opportunità. Si tratta di tecnologie che ampliano le possibilità della comunicazione e che molti scoprono proprio in questa situazione di emergenza. 

Ovviamente ci hanno colto di sorpresa, la nostra scuola non era affatto preparata a questo. Io stesso svolgo tutta la mia attività didattica solo in questa maniera e mi sono reso conto che questi dispositivi sono straordinari, a una condizione: che siano un “valore aggiunto” alle forme primarie della comunicazione. Se queste vengono meno e la dimensione virtuale diventa totalizzante, come adesso, questi strumenti si configurano come una segregazione comunicativa, che diventa insopportabile...

Non ci dimentichiamo che per i bambini l’andare a scuola non è solamente legato all’apprendimento di determinate conoscenze, è l’esperienza educativa della scuola nel suo insieme che è importante. Se il problema fosse riducibile al fatto che i bambini debbano imparare delle nozioni, basterebbero dei tutor a distanza, le tecnologie, internet e il problema sarebbe risolto. Se la scuola come istituzione continua ad essere importante è perché l’esperienza della scuola è importante, con le sue relazioni e le sue emozioni.

INTERVISTATORE: quali sono le conseguenze psichiche e cognitive dello stare chiusi in casa per molto tempo durante il giorno, senza poter uscire e giocare all’aperto?

PROF. FARNÈ: Penso che un atteggiamento così “integralista” (tutti chiusi a casa) non giovi se non per un periodo molto contenuto che serve soprattutto ad arginare, contenere e capire l’evolversi di un fenomeno come questo. Alcune aperture che riguardino nello specifico l’infanzia si possano trovare. Un collega mi ha inviato delle foto sulla realtà danese: in Danimarca i bambini sono fuori, all’aperto, distanziati l’uno dall’altro, fanno attività didattiche nelle scuole dell’infanzia e primarie con l’indicazione di stare all’aperto il più possibile. Ovviamente vanno a scuola i bambini sani, i docenti debbono avere trascorso un certo periodo di tempo senza avere contratto alcuna patologia… Certo, nei Paesi del Nord Europa l’outdoor education è una normale pratica educativa, da noi no, purtroppo, anche se da anni cerchiamo di diffonderla. Questa potrebbe essere una buona occasione per sentirne la necessità, per la salute psicofisica dei bambini, premessa indispensabile per la loro buona educazione.

La società italiana si è dimostrata complessivamente coesa e responsabile in questa emergenza sanitaria, credo che abbiamo dato un buon esempio da questo punto di vista. Ora la domanda è: perché non è possibile responsabilizzare i genitori e dire loro che possono uscire con i loro figli per un certo tempo durante la giornata, con le dovute precauzioni, stando attenti a non creare assembramenti, contatti ecc.?

A ogni genitore sta a cuore la salute dei propri figli, ma la “salute dei figli” è legata anche a poter soddisfare il loro bisogno primario di ambiente esterno, di attività di gioco che è vitale.

Rispetto alla scuola, in un passato non troppo lontano molte scuole funzionavano con i doppi turni, perché non si potrebbe riprender l’attività scolastica facendo i doppi turni? Cioè riorganizzando la presenza dei bambini a scuola su orari diversi, come si pensa di fare nei luoghi di lavoro… In una classe dove ci sono 24 alunni, due turni vorrebbe dire averne in classe 12, mantenere la distanza fisica ecc. Si dovrebbe riorganizzare il lavoro degli insegnanti, riadattare il carico didattico in modo che non debbano fare il doppio delle ore. Le soluzioni si trovano se si rinuncia a certe rigidità. Fare scuola non significa che la scuola va fatta esattamente come era prima.

Ancora una volta, outdoor education dovrebbe diventare un’indicazione prescrittiva, e una interessante sfida didattica: ogni disciplina scolastica, ogni campo d’esperienza può essere sviluppato in ambiente esterno, ovviamente in maniera diversa rispetto alla tradizionale aula didattica. Cambia il lavoro dell’insegnante, la gestione della didattica, ma il cambiamento è già avvenuto con il lockdown e la didattica a distanza che, mi permetto di dire, è assai meno gratificante di una didattica che valorizzi più possibile l’outdoor.

Dobbiamo renderci conto che il concetto di FASE 2 di cui si sta parlando, o comprende il problema della gestione dei bambini e quindi dei loro contesti educativi (tempi, spazi…) o sarà difficilmente attuabile.

INTERVISTATORE: in un contesto di FASE 2, dove ripartono le attività lavorative ma si continuano a lasciare i bambini a casa, poi i bambini finiranno per stare con i nonni che sono la categoria di persone più a rischio… quindi il problema potrebbe riproporsi più gravemente di prima.

PROF. FARNÈ: una delle ragioni per cui, in alcuni paesi, le scuole hanno aperto, è anche legata al fatto che i bambini, dai dati che abbiamo, si direbbe che siano molto più protetti degli adulti e soprattutto di quelli in età anziana. Sono stati veramente pochissimi i casi di bambini contagiati.

Se ci sono persone più a rischio di altre nei confronti di questo virus, credo sia ragionevole pensare che non ha senso trattare tutti allo stesso modo.  

Comitato Liberi Pensieri